25 aprile 2025: 80 anni di libertà
Il 25 aprile è una data fondamentale nella storia del nostro Paese.
Una giornata che segna il riscatto e l’orgoglio del popolo italiano, oppresso e umiliato dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista.
Sono passati 80 anni da quel 25 aprile del 1945, quando prese avvio la ricostruzione dell’Italia libera.
Una rinascita resa possibile dal coraggio e dal sacrificio di donne e uomini che, ottant’anni fa, scelsero con determinazione la strada della libertà, della democrazia e della dignità, combattendo al fianco degli Alleati contro i nazi – fascisti.
Come ricordava il partigiano Arrigo Boldrini: “Abbiamo combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro.”
Parole che racchiudono il significato più profondo del 25 aprile.
Dalla lotta della Resistenza nacquero la democrazia, la Repubblica e la Costituzione italiana, antifascista nella sua essenza, nei suoi principi, nel suo DNA.
Da quella stessa stagione di speranza e ricostruzione prese forma anche l’idea di un’Europa unita.
Grazie alla visione e all’impegno di figure come Altiero Spinelli, Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Konrad Adenauer e molti altri, l’Europa dopo secoli di guerre trovò la forza di diventare un’unica comunità di destino.
Una comunità che, nel tempo, ha garantito pace, benessere e sviluppo, allargandosi progressivamente e promuovendo i valori della libertà, dello sviluppo e della cooperazione.
Oggi, più che mai, siamo chiamati a difendere questi valori fondanti dell’Italia e dell’Europa dalle minacce, interne ed esterne, che vorrebbero minare la democrazia e la libertà.
Pertanto, gli ideali della Resistenza restano vivi e attuali.
Li riconosciamo nei tanti conflitti che ancora oggi attraversano il mondo, nelle lotte per la giustizia e per i diritti.
Un pensiero va al popolo ucraino, che da oltre tre anni resiste con determinazione all’aggressione della Russia di Putin; al popolo palestinese, che a Gaza vive una drammatica emergenza umanitaria, stretto tra il dominio di Hamas e i raid israeliani, in un Medio Oriente che fatica a trovare pace.
E a tutte le persone che, in ogni angolo del mondo, combattono ogni giorno per la libertà, la dignità e la pace.
Per celebrare gli 80 anni dalla Liberazione, oltre alla partecipazione alle numerose manifestazioni ed eventi previsti nei comuni della Provincia, abbiamo deciso di realizzare una newsletter speciale, pensata come un omaggio sentito a questo importante anniversario.
Di seguito troverete alcuni racconti di stragi ed eccidi avvenuti in diversi Comuni della Provincia, che ci sono stati inviati come testimonianza di quella tragica pagina della nostra storia.
Si tratta, naturalmente, di una piccolissima parte del vasto patrimonio di memoria storica di cui disponiamo.
Buona Festa della Liberazione!
Viva il 25 aprile.
Viva l’Italia libera, democratica e antifascista!
Oreste Sabatino
Segretario provinciale PD Pisa
Nell’80° della Liberazione, la figura di Piero Elter sia di riferimento per tutti noi
Il 25 aprile del 1945 ebbe fine l’occupazione tedesca. L’Italia ritrovo l’unita. L’anno dopo gli italiani elessero i Consigli comunali, scelsero la Repubblica, elessero l’Assemblea costituente. Le donne votarono e furono elette. Dal 1946, il 25 aprile é la Festa della Liberazione, il Natale laico della nostra democrazia.
Celebriamo I’80° in un momento terribile. La mappa delle guerre nel mondo ci dice che sono in corso 56 conflitti armati. Da oltre tre anni é in corso una guerra nel cuore dell’Europa. In Palestina é in corso il massacro di un popolo. Ogni giorno morti, distruzione, sofferenza. C’é il rischio del ricorso alle armi nucleari. Della catastrofe.
Occorre una grande mobilitazione per far sentire che i cittadini vogliono la pace. Non vogliono il riarmo.
A Pisa dedichiamo I’80esimo della liberazione al ricordo di Piero Elter.
Nato a Cogne nel 1927, a sedici anni fu protagonista della Resistenza in Val d’Aosta. Il 2 novembre 1944, quando i nazisti ed i fascisti repubblichini attaccarono la Repubblica di Cogne, fu a fianco di Sandro Pertini nel drammatico conflitto a fuoco a monte del ponte di
Chevril.
Dopo la guerra si laureò in Geologia all’Università di Ginevra. Docente insigne dell’ateneo pisano, é stato Maestro di generazioni di giovani. I suoi studi sono ancora considerati pietre miliari della ricerca geologica.
Scelse di vivere a Calci. Si lego profondamente alla comunità locale perché trovo nel Monte Pisano qualche analogia con le sue montagne. Con sorprendente umiltà, si dedicò all’olivicoltura, all’agricoltura, alla cura dei cavalli. Per un decennio si impegno nell’Amministrazione comunale come consigliere e come assessore. Fu apprezzato da tutti per la coerenza, l’onesta intellettuale, la sobrietà nei comportamenti e nel linguaggio. Resto sempre coerente agli ideali che avevano animato il partigiano Dispera’. Se ne andò a 85 anni. Le sue ceneri tornarono a Cogne. La figura di Piero sia di riferimento per tutti noi.
Bruno Possenti
Presidente Comitato provinciale ANPI Pisa

Eccidio di Piavola (Buti)
Nell’estate del 1944, sui monti attorno a Buti, agiva una piccola formazione partigiana conosciuta come “banda di Carlino”, nata per iniziativa del Comitato di Liberazione Nazionale e guidata da Carlo Pelosini.
Il gruppo, costituitosi nei primi mesi dell’anno, arrivò a contare circa 36 elementi, uniti dalla volontà di opporsi all’occupazione tedesca e al regime fascista.
Quei monti, come molte zone dell’entroterra pisano, erano diventati rifugio per centinaia di sfollati in fuga dai bombardamenti dell’estate del ’43 e dell’autunno-inverno successivo. Insieme a loro si nascondevano giovani e uomini che volevano sottrarsi alla chiamata alle armi della Repubblica Sociale Italiana o al lavoro coatto imposto dai nazisti.
In quei giorni, tra il 19 e il 21 luglio 1944, alcuni civili intercettarono cinque giovani soldati tedeschi: quattro vennero consegnati alla banda, uno fu trovato morto in località Badia. Non sapendo come sfamare e gestire i prigionieri tedeschi, e dopo aver cercato inutilmente di consegnarli ai partigiani del monte Faeta perché li tenessero in custodia, gli uomini della Carlino decidono di ucciderli.
La risposta tedesca fu brutale. All’alba di domenica 23 luglio 1944, i soldati tedeschi circondarono l’intera zona di Piavola e avviarono un rastrellamento feroce e indiscriminato. Uomini innocenti, molti dei quali si erano rifugiati nei boschi per sfuggire alla guerra, vennero catturati e uccisi sul posto. Le vittime furono diciotto.
Il più giovane aveva solo 16 anni.
Nei giorni successivi, i familiari chiesero di poter seppellire i loro cari nel cimitero di Buti.
Il comando tedesco inizialmente rifiutò e minacciò nuove rappresaglie. Solo l’intervento coraggioso del parroco, don Pietro Cascioni, riuscì a ottenere il permesso per la sepoltura, che avvenne dopo giorni di angoscia e attesa.
Arianna Buti
Sindaca di Buti

Eccidio di Guardistallo
Chi vorrebbe riscrivere la storia della nostra Repubblica nata dall’antifascismo ignora la sofferenza, il dolore e la lotta per portare la democrazia nel nostro Paese. Donne e uomini immolati per dare speranze e libertà.
Donne, uomini, vecchi e bambini che inermi subirono il fanatismo, la prepotenza e la brutalità dei fascisti e degli oppressori nazisti. Anche nella zona fra i comuni di Guardistallo, Casale Marittimo e Montescudaio molti paesani imbracciarono i fucili. Fra il 28 e il 29 giugno, a seguito di uno scontro a fuoco fra partigiani, corpo armato del risveglio italiano ed esercito di liberazione, e un nutrito gruppo di soldati tedeschi che ebbero la meglio sui coraggiosi patrioti, si scatenò una feroce rappresaglia. In una fossa fatta scavare ai partigiani presi prigionieri e ai cittadini rastrellati nelle campagne circostanti, a Guardistallo furono ritrovati 61 cadaveri.
A dimostrazione di come anche fuori dalla rappresaglia i nazisti ammazzassero senza remore, dieci giorni prima avevano ucciso un nostro compaesano lungo la strada per Guardistallo. Sarebbe importante ricordare tutti i partigiani e i civili inermi trucidati dai nazisti perché anche loro avrebbero dovuto vedere il 25 aprile 1945. Nell’impossibilità, a nome di tutti, il ricordo va al membro del CLN Sisto Longa già indicato come Sindaco di Guardistallo, arrestato dai nazisti a seguito di delazione del fascista vile e traditor (Fischia il vento, testo del partigiano Felice Cascione).
Patrizio Brucciani
Circolo dei Tre Comuni

Eccidio di Filettole
Il 26 e 27 agosto 1944, nella zona di Laiano a Filettole, 37 civili furono brutalmente uccisi dalle truppe naziste della 16ª Divisione SS “Reichsführer”.
Fu uno degli episodi più tragici e meno conosciuti della ritirata tedesca in Toscana, avvenuto in un territorio che pagò duramente il prezzo della guerra e della Resistenza.
A pochi giorni dagli attacchi partigiani della brigata “Nevilio Casarosa”, guidata da Fosco Dinucci, che colpirono la linea ferroviaria Pisa-Lucca e causarono la cattura di soldati tedeschi, l’esercito tedesco reagì con rastrellamenti sistematici. Questi si intensificarono nelle campagne tra Migliarino, Nodica e Vecchiano, Ripafratta e la piana di Lucca, in cerca di uomini da deportare o, più spesso, da eliminare in rappresaglie indiscriminate.
Le vittime della strage erano contadini, operai, giovani renitenti alla leva, donne, anziani. Alcuni furono prelevati dalle proprie case, altri catturati durante le fughe nei boschi e nelle campagne. In molti casi, si trattava di sfollati da altri territori, già colpiti da precedenti eccidi: Valdicastello, la Versilia, Lunata. Tre erano sacerdoti, rei solo di aver dato rifugio a chi cercava salvezza.
Tutti vennero fucilati a gruppi e sepolti in fosse improvvisate, spesso create dalle bombe alleate cadute nei giorni precedenti.
A rendere ancora più dolorosa questa vicenda fu il lungo silenzio che seguì. Solo nel 1946, grazie a una segnalazione casuale, il ritrovamento di resti umani da parte di alcuni cani nei pressi del ponte di Ripafratta a Filettole, in località Laiano, si avviò una riesumazione sistematica. Il lavoro di identificazione, guidato dal sacerdote don Fascetti, fu lento e difficoltoso: molti corpi erano irriconoscibili, ma alla fine furono riconosciute 37 vittime.
La strage di Filettole resta una pagina oscura e lacerante della storia locale, che merita di essere ricordata.
Massimiliano Angori
Sindaco di Vecchiano e Presidente della Provincia di Pisa

Eccidio della Romagna (Molina di Quosa - San Giuliano Terme)
Nell’estate del 1944 presso “la Romagna” (località montuosa sopra Molina di Quosa, frazione del Comune di San Giuliano Terme) si erano rifugiate centinaia di famiglie per sfuggire agli orrori della guerra, famiglie per lo più dei vicini paesi del Lungomonte (Pugnano, Ripafratta, Molina di Quosa, Rigoli) ma anche pisane e livornesi accorse sui monti per sfuggire ai bombardamenti che duramente avevano colpito le loro città. Nella notte tra il 6 e il 7 agosto le truppe tedesche colsero di sorpresa le persone rifugiate alla Romagna operando un rastrellamento che terminò con la cattura di 300 uomini e di una donna, Livia Gereschi, insegnante di tedesco che si era offerta di mediare. Il gruppo fu condotto sino a Ripafratta dove fu diviso tra chi si era dichiarato abile al lavoro e chi no: i primi furono inviati a Lucca per essere smistati nei campi di lavoro; i secondi rinchiusi nella scuola-prigione di Nozzano (Lu), a pochi chilometri di distanza. L’11 agosto, dopo violenze e torture, i reclusi della Romagna furono caricati a piccoli gruppi su camionette e portati in diverse località comprese tra Filettole, Balbano, Quiesa, quindi fucilati.
Alla fine furono 69 i morti tra cui Livia Gereschi, unica donna. Sopravvissero miracolosamente alla fucilazione Oscar Grassini e Generoso Giaconi.
Anche a seguito di tale evento il Comune di San Giuliano Terme inizia la procedura per la richiesta al Presidente della Repubblica di un riconoscimento al valor civile per gli eventi che colpirono la comunità sangiulianese tra il ‘43 ed il ‘44, eventi luttuosi che segnarono profondamente tutto il la storia di San Giuliano Terme che fu da un lato territorio di accoglienza per migliaia di sfollati provenienti soprattutto da Pisa, ma anche teatro di una violenza diffusa da parte delle truppe tedesche in ritirata che si macchiarono di numerose efferatezze. Episodi che ancora oggi vengono ricordati con partecipazione e commozione dalla comunità sangiulianese: la strage della Romagna, l’omicidio di Licia Rosati, l’eccidio di Gello, l’uccisione di Don Bertini, per citare solo i maggiori.
Percorso che ha portato al riconoscimento della medaglia d’argento al merito civile con Decreto del Presidente della Repubblica del 14/03/2018 e con la seguente significativa motivazione “La popolazione, con generosa solidarietà, accolse i numerosissimi sfollati delle zone vicine e, nonostante le razzie, i rastrellamenti e le uccisioni indiscriminate ad opera dei tedeschi, diede prova di un ammirevole spirito di resistenza, libertà e di democrazia.”
Matteo Cecchelli
Sindaco di San Giuliano Terme

Liberazione di Pisa
Il 25 aprile è molto più di una ricorrenza: è il giorno in cui l’Italia ritrova la propria dignità, ricordando la vittoria contro l’occupazione nazifascista. A Pisa, questa memoria è particolarmente sentita. Anche se la città fu liberata il 2 settembre 1944, fu proprio la lotta partigiana, insieme all’avanzata degli Alleati, a spezzare le catene della dittatura e della guerra.
Nell’estate del 1944, l’avanzata delle forze alleate in Italia si fece sempre più pressante, con il fronte che si attestò lungo la linea dell’Arno, dove le truppe tedesche tentarono di arginare l’avanzata.
Pisa, divisa in due dall’Arno, fu martoriata dai bombardamenti e occupata per mesi dai nazisti e dai fascisti repubblichini. La parte nord della città fu teatro di scontri tra le truppe tedesche in ritirata e le forze alleate, sostenute da gruppi di partigiani locali.
In quelle stesse strade infatti nacque una Resistenza coraggiosa, fatta di giovani, donne, operai e intellettuali che si opposero con determinazione alla barbarie e rischiarono la vita per difendere i valori di libertà e democrazia. I partigiani, organizzati nelle brigate Garibaldi e nelle formazioni di Giustizia e Libertà, combatterono con determinazione contro il regime fascista e l’occupante tedesco.
Dopo lunghi mesi di oppressione, la città toscana vide finalmente l’arrivo delle truppe alleate che, insieme ai partigiani, sconfissero le forze di occupazione che avevano seminato terrore e violenza.
Pisa pagò un prezzo altissimo: oltre alle vite perse, il patrimonio storico e culturale fu gravemente danneggiato, inclusa la celebre zona monumentale di Piazza dei Miracoli. A Pisa, come in tutta Italia, il 25 aprile rappresenta la vittoria della libertà sull’oppressione e un impegno costante verso un futuro di pace e giustizia sociale.
Selene Montanaro
Segretaria Circolo San Marco San Giusto – Pisa
